Le esperienze estive dei seminaristi: incontri e crescita nel servizio

Campi estivi: nascono, crescono e non muoiono

 
Spesso si pensano i campi estivi come se fossero degli eventi a sé, che nascono il primo giorno fra grandi entusiasmi e muoiono l’ultimo fra grandi pianti, con la sola speranza che l’anno prossimo ci sia un nuovo campo, che tuttavia avrà lo stesso drammatico epilogo: il ritorno a casa.
Questo è il modo in cui molti ragazzi (e forse anche i loro genitori) vedono i campi estivi. Da qui nasce la mia premura nell’offrire un nuovo punto di vista.
I campi estivi non sono un evento, bensì un itinerario che conosce tre fasi: la preparazione, l’esperienza e il ripartire da quell’esperienza.
Forse sarà scontato dirlo ma i campi estivi nascono in modo invisibile. C’è tutto un lavoro di preparazione cui si dedica una vasta categoria di persone: sacerdoti, mamme e padri di famiglia, nonni e nonne in pensione, i nostri bravissimi animatori, ecc. Dalla manutenzione della struttura a cosa si mangia, dalle attività spirituali ai giochi, tutto è preparato partendo parecchi mesi prima.
I campi estivi poi vivono (e qui ci si diverte un sacco): giochi, camminate in montagna, scherzi e canti non mancano mai. Inoltre si vive una vita di preghiera molto intensa: l’ascolto della Parola, i sacramenti, le catechesi, sono il pane quotidiano, fonte d’incontro con Dio e di educazione a uno spirito di servizio verso il prossimo.
Infine i campi estivi non muoiono. Sembrerà strano, ma chi incontra Gesù ai campi, non lo lascia in montagna, se lo porta a casa.  L‘entusiasmo di quei giorni lo porta a scuola, sui campi di calcio, in famiglia e fra gli amici. La preghiera e i Sacramenti, da tassa da pagare diventano parte integrante della vita, l’attenzione agli altri diventa uno stile, che fa del giovane un testimone gioioso di Cristo per tutta l’eternità.
 

Nicola Zignin

 
 
 
Il mese ignaziano: un’esperienza di discernimento

Questa estate una delle esperienze fondamentali da me vissuta, è stata quella del mese ignaziano, presso il centro di spiritualità Papa Luciani di Belluno. Gli esercizi consistono in un tempo prolungato, appunto un mese intero, dedicati all’ascolto della parola di Dio, alla meditazione e alla preghiera. Per tutto il periodo sono stato seguito dal padre gesuita Mario Marcolini, che mi ha aiutato a immergermi in profondità, a sentire e gustare interiormente la parola di Dio. Questa esperienza mi è stata molto utile per fare discernimento e proseguire il mio cammino.

Daniele Vascotto

In campo estivo con l’AC, per “convertire la marcia”

Anche questa estate ho avuto la fortuna di poter partecipare al campo scuola dell’Azione Cattolica giovani della diocesi di Gorizia, nel campo svoltosi a Sappada dall’ 1 al 7 agosto scorso. Come sempre un clima positivo. Il tema di quest’anno era “Con-versione di marcia” e ci siamo impegnati ad accompagnare i ragazzi alla riscoperta del valore centrale che ha per la vita del cristiano la Santa Messa, con la presenza immancabile di don Michele Centomo. Devo dire che come ogni anno, i chicchi seminati hanno portano molto frutto. Grazie a tutti coloro che hanno seguito, realizzato e permesso questa esperienza!

Diego Toffoletti

Sermig: la bontà è disarmante

Dal 10 al 27 agosto ho avuto modo di sperimentare la realtà missionaria del Sermig (Servizio Missionario Giovani) di Torino. Una realtà nata dall’intuizione di Ernesto Olivero più di cinquant’anni fa e che si è posta come obiettivo principale la diffusione della cultura della pace e della spiritualità della speranza: Servizio e accoglienza del povero, dell’immigrato, del disabile, coinvolgimento e formazione ispirati all’annuncio evangelico per le nuove generazioni, per le famiglie. Insomma, un vero e proprio “monastero di città”, come amano definirsi, dove i monaci della fraternità, collaborano con i centinaia di volontari che in tanti modi danno il loro contributo.
Le tre settimane sono passate in un baleno, immerso nel lavoro al servizio mensa per gli immigrati, le lezioni d’italiano agli stranieri che prima di iniziare a cercare lavoro necessitano di imparare la lingua, lo smistamento dei vestiti che tutta la città di Torino ogni giorno porta all’ingresso dell’ “Arsenale della Pace” (così chiamato perché la struttura che oggi ospita il Sermig era nata come arsenale di guerra), l’animazione dei gruppi giovani che a rotazione partecipano ai vari campi che vengono organizzati e molto altro ancora.
Un’esperienza davvero edificante che mi ha fatto capire quanto la Bontà può davvero essere disarmante.

Mattia Toso

 
 
 
 
La ricchezza dell’amore e del servizio

Dal 2 al 16 agosto scorso ho avuto la possibilità di prestare servizio come volontario presso l’Opera della Provvidenza “Sant’Antonio” di Sarmeola, un centro nato nel 1955 grazie all’intuizione dell’allora Vescovo di Padova, mons. Girolamo Bortignon. Dopo una prima visita pastorale in diocesi, egli si rese conto delle difficoltà e dell’emarginazione in cui vivevano persone con gravi disabilità. Nacque, grazie all’intervento e al sostegno della provvidenza divina, il centro che oggi accoglie più di 500 persone con disabilità più o meno gravi, e circa 100 anziani malati di Alzheimer che vengono accompagnati nelle varie fasi della malattia nel modo più umano possibile.
I timori e le domande che portavo nel cuore nei tempi precedenti a quest’esperienza sono stati molti, e di vario genere: sarei stato io in grado di avvicinarmi a queste persone? Come li avrei visti? Con quali sentimenti avrei concluso le mie giornate di servizio?
Una volta giunto all’Opera della Provvidenza, grazie alla calorosa accoglienza di Suor Paola e di Suor Annamaria, le coordinatrici, o meglio, gli «angeli custodi» dei volontari, ho cominciato ad inserirmi in un mondo totalmente nuovo. Dove mi aspettavo silenzi e gemiti di sofferenza, ho trovato gioia e canti; dove mi credevo impacciato e imbarazzato mi sono scoperto propenso e ben disposto ad assistere gli ospiti della struttura. La giornata del volontario all’O.P.S.A. è scandita da due turni di servizio, dalle 9 alle 12 e dalle 15 alle 18, e la giornata si apre con la Celebrazione dell’Eucaristia nella grande Chiesa alle ore 7. Preghiera e carità sono infatti le due colonne portanti dell’Opera: senza preghiera il servizio diventa una mera assistenza ospedaliera; senza servizio la Parola di Dio non trova la sua applicazione concreta. Ogni mattina, uscendo dalla Messa dicevo nel mio cuore: «Hai contemplato Cristo nell’Eucaristia, ora vai a contemplare Cristo negli ospiti che accompagnerai!»
Ogni volontario è affidato ad un reparto che accoglie dai 15 ai 20 ospiti, guidato da un responsabile, un educatore professionale, un fisioterapista e alcuni operatori sanitari. Collaborare con loro è stato un piacere e, devo dirlo, un onore: io ho svolto il mio servizio per due settimane, loro lo fanno per tutto l’anno, nei giorni feriali e festivi. A tutti loro va la mia gratitudine più profonda e la mia stima.
Ma nel mio cuore sono rimasti i “ragazzi”, come abitualmente amo chiamarli: tutte persone che hanno l’età dei miei genitori, ma che hanno bisogno di un’assistenza premurosa e amorosa, fatta di piccole grandi attenzioni. Ho scolpito nel mio cuore il loro volto e la ricchezza di quest’esperienza, per cui ritengo importante proporre a tutti coloro che leggono queste righe l’esperienza (magari settimanale) all’Opera della Provvidenza “Sant’Antonio” di Sarmeola: gruppi parrocchiali, campiscuola estivi, percorsi di preparazione alla Cresima, gruppi Scout, Azione Cattolica Ragazzi eccetera.
Per qualsiasi informazione invito a consultare il sito dell’Opera e la sezione riservata ai Volontari: www.operadellaprovvidenza.it/volontariato.
Dall’OPSA si riparte col cuore arricchito dalla bellezza del servizio! Credetemi!

Alberto Paschini

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